Caparra

Una volta che il venditore accetta l’offerta, l’acquirente e il venditore sono sotto contratto. Le due parti sono, dunque, in un “accordo legalmente vincolante”. Il prossimo passo per l’acquirente è quello di pagare caparra.

La caparra è una porzione o la percentuale del prezzo di vendita che si svolge da un terzo in garanzia fino alla chiusura. Viene data per mostrare la piena fiducia del compratore che, così, dimostra di essere seriamente intenzionato ad acquistare la proprietà. Con il versamento della caparra il venditore è obbligato a togliere la casa dal mercato e non accettare altre offerte.

Se l’offerta viene rifiutata o revocata a causa di contingenze indicati nell’offerta, la caparra viene restituita. Ad esempio: se non dovesse essere approvata l’erogazione di un mutuo, e l’offerta è subordinata all’ottenimento del mutuo stesso, l’acquirente può ritirare l’offerta e ricevere la caparra indietro. Tuttavia, se l’acquirente si ritira per motivi diversi da quelli previsti nell’offerta, perde la caparra a favore del venditore.

Una volta che la vendita della casa viene perfezionata, la caparra viene conteggiata e scalata dal prezzo di acquisto.

La caparra , nel diritto civile, è una somma di denaro (o una quantità d’altre cose fungibili) versata a titolo di reciproca e mutuale garanzia contro l’inadempimento nel contratto, oppure come corrispettivo per il caso di recesso dal contratto. La sua funzione è infatti quella di prevedere una sorta di risarcimento immediato nel caso di inadempienza contrattuale; altresì, in caso di adempimento deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.

Generalmente si applica in quei contratti a prestazioni corrispettive e ad effetti obbligatori dei quali si abbia un’esecuzione differita e che prevedano un pagamento in soluzione non unica. Si costituisce con la mera consegna della somma di denaro. La dazione deve essere perfezionata prima del momento di esecuzione della prestazione e della controprestazione, poiché sono le azioni delle quali la caparra va a garantire la futura esecuzione.

Nel diritto italiano la caparra è prevista in due tipi:

la caparra penitenziale e la caparra confirmatoria.

 

La caparra confirmatoria, regolata dall’art. 1385 del codice civile. Dice infatti il codice che «Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra, se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare la esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali» (art. 1385 c. 2).

Si noti che la dazione di caparra deve essere esplicitamente dichiarata: la norma nel suo primo comma sottolinea infatti che quanto versato deve essere dato “a titolo di caparra”, escludendosi pertanto che possa desumersi o dedursi la natura di caparra da altre circostanze non espresse.

Questa caparra si chiama confirmatoria poiché in passato costituiva mezzo di prova della formazione del contratto e dunque “confermava” la sua esistenza. Il nome resta, malgrado oggi i mezzi di prova dell’esistenza del contratto siano tali e tanti da renderla non più così centrale, anzi marginale, nella verifica probatoria.

 

La caparra penitenziale, regolata dall’art. 1386 del codice civile, contiene in sé la funzione di corrispettivo del recesso Dice infatti il codice che «Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso. In questo caso il recedente perde la caparra o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.»

Il nome non deriva, come potrebbe sembrare, da una “pena” da scontare, bensì dallo ius poenitendi, diritto di pentirsi di aver sottoscritto il contratto, e configura il prezzo per l’esercizio di questo diritto.